“Il dollaro è la nostra valuta e un vostro problema” (cit.)

“Il dollaro è la nostra valuta e un vostro problema” (cit.)

Una politica distorsiva come quella messa in atto dalla FED dal 2009 in poi pare chiedere il conto, e stando a una recente analisi avanzata dalla BRI, decisamente salato. Non fosse altro per le dinamiche di monetizzazione obbligate del debito che gli Stati Uniti si trovano ad affrontare.

In un working paper ufficiale, pubblicato il 7 dicembre scorso e dal titolo decisamente allarmante: US Treasuries and equity sell-offs: is the hedge faltering?, la Banca per i Regolamenti Internazionali (la Banca centrale delle Banche centrali) arriva a mettere in dubbio il ruolo di copertura dal rischio rappresentato dai titoli di debito Usa in contesti di crolli azionari.

Qualcosa si è rotto nella correlazione fra Treasury e sell-off azionari, non fosse altro per i ripetuti episodi di crisi simultanea dei due assets, ultimi quelli di marzo e settembre scorsi. Di fatto, se i Bond sovrani Usa non garantiscono più protezione efficace contro i tonfi delle azioni, il rischio è quello di una messa in discussione del loro stesso ruolo di bene rifugio. Globale.

La zona del dollaro si estende per il 50-60% dell’economia mondiale, ben oltre quindi il peso specifico dell’economia statunitense, fra un quarto e un quinto dell’economia globale, ed è rimasta più o meno costante nonostante notevoli cambiamenti tettonici come la creazione dell’eurozona.

Tuttavia, la crisi pandemica, le implicazioni economiche interne al mercato Usa e le conseguenti politiche di stimolo della Fed, potrebbero avere conseguenze simili al disperato tentativo iniziato nel 1925 di restaurare il gold standard alla parità dell’anteguerra da parte delle Autorità Britanniche, conclusosi poi con la storica svalutazione della sterlina del 1931 e che segnò l’inizio del tramonto della valuta britannica.

Infatti, da quando il gold standard è stato rimosso nel 1971 da Richard Nixon, la quantità di dollari circolanti è aumentata costantemente. Tra il 1975 e poco prima che colpisse il coronavirus, l'offerta di moneta totale è aumentata da $ 273,4 miliardi a oltre $ 4 trilioni al 9 marzo 2020. Ma da quella data, l'offerta totale di moneta è passata da $ 4 trilioni a oltre $ 6,5 trilioni con un balzo in un solo anno di oltre il 62% dello stock e con ulteriori e consistenti aumenti in vista.

Da tale prospettiva, i rialzi simultanei delle azioni, delle materie prime e delle valute - anche digitali come i Bitcoin - verso dollaro, appaiono oltre che naturalmente favoriti dalle politiche espansive, determinati, nella scelta degli "asset", dalla ricerca di beni rifugio per i timori delle implicazioni a lungo termine per il potere d'acquisto che l'aumento dell'offerta di dollari potrebbe significativamente causare e.

Il crash del dollaro USA potrebbe essere virtualmente inevitabile.

In effetti, a giugno scorso, l’ex di Morgan Stanley Stephen Roach, economista alla Yale affermava che negli Stati uniti sono presenti squilibri macro da troppo tempo: i problemi sono un tasso di risparmio interno molto basso e un disavanzo cronico delle partite correnti.

Nel caso di crash del dollaro USA aumenterebbe l’inflazione e l’importazione di beni dall’estero sarebbe molto più costosa, inoltre le attività finanziarie statunitensi ne risentirebbero molto.

Si potrebbe creare una situazione simile alla stagflazione di fine anni’70, quando i prezzi dei beni aumentarono bruscamente e la crescita economica rallentò decisamente.

Guardando a oriente (Cina) ci potrebbe anche essere un cambio della Leadership economica e valutaria mondiale.

Intanto sarebbe bene per il 2021 diversificare investendo in materie prime, valute contro dollaro (anche digitali, con giudizio), titoli azionari difensivi con multipli sostenibili, protetti da opzioni sulla volatilità e Bond legati all’inflazione.

Il dollaro potrebbe infatti, nel 2021, diventare per gli Americani anche un “loro” problema.

Buon Anno a Tutti

Salvatore Improta